Descrizione
Le sgrammaticatine di Roberto Bracco e alcuni aspetti poco conosciuti delle sue condizioni di salute
«Mio caro Floriano, leggi:
Non saremmo più soccorrevoli, più pietosi abbandonandola a sé stessa affinché morisse tranquillamente attaccata al cadavere del suo padrone?
Morisse o muoia?».
«Sono sempre sofferente. Dovrei subire non più una ma due operazioni […] Tuttavia, io cerco di fare il mio dovere, occupandomi delle mie sgrammaticatine. Grazie ti abbraccio»
¹Roberto Bracco, tra il 1935 e il 1942, lavorò essenzialmente all’edizione integrale delle sue Opere, Lanciano Carabba,1935-42, 25 voll..Si ammalò gravemente negli ultimi anni della sua vita. Nel 1938, subì un intervento chirurgico, che segnò l’inizio di un progressivo peggioramento delle sue condizioni di salute. Morì il 20 aprile 1943 a Sorrento, dopo anni di isolamento e difficoltà economiche, dovute anche alla sua opposizione al regime fascista, che lo aveva emarginato dal panorama culturale italiano.
Roberto Bracco [Napoli 1861-Sorrento 1943] Giornalista, critico drammatico e d’arte, commediografo, scrittore. Fu amico intimo di alcuni dei maggiori esponenti dell’arte partenopea, tra i quali ricordiamo Gennaro Villani, Salvatore Di Giacomo, Achille Macchia, Francesco Cangiullo, Ferdinando Russo, Edoardo Scarfoglio… I suoi lavori teatrali furono interpretati da Eleonora Duse, da Emma e Irma Gramatica. Fu spesso implicato in episodi violenti in difesa dei deboli e della giustizia. Il fondo del suo carattere rimase sempre sentimentale e lo portò a un senso caldo di amicizia anche se soffrì di una spiccata suscettibilità, soprattutto, più tardi, nei riguardi della critica, procurandosi la fama di uomo ombroso.
Molto conosciuto e apprezzato all’estero, venne più volte candidato al Premio Nobel per la letteratura. Dalla desecretazione degli atti emerge che le candidature furono per gli anni che vanno dal 1922 al 1926. Nel 1922 Karl August Hagberg, traduttore di alcuni lavori di Bracco, redasse una lunga e dettagliata relazione. A causa delle sue posizioni di pacifista e di intransigente antifascista il governo italiano pose il veto sul suo nome e dopo il 1926 non fu più candidato.
Sottoscrisse, unico italiano insieme a Benedetto Croce, la Déclaration de l’indépendance de l’Esprit, proposta da Romain Rolland e pubblicata sul quotidiano socialista L’Humanité il 26 giugno 1919, appello ai “lavoratori dello Spirito” a ritrovare un’unione fraterna dopo cinque anni di odio e censura. Si presentò alle elezioni del 6 aprile 1924 nelle liste promosse da Giovanni Amendola ed eletto nella circoscrizione Campania alla Camera dei deputati.
Fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto nel 1925 da Benedetto Croce. Fu dichiarato decaduto dalla carica di deputato, insieme agli altri aventiniani, nella seduta del 9 novembre 1926. Nello stesso mese, in seguito al fallito attentato a Mussolini del 31 ottobre, la casa di Roberto Bracco (come pure quelle di Benedetto Croce e Arturo Labriola) venne devastata dai fascisti e un suo lavoro inedito, La verità, dato alle fiamme e irrimediabilmente perduto. Qualche tempo dopo scampò ad un agguato.
Fu uno dei pochi intellettuali italiani che coerentemente non scese a patti col regime. L’ostracismo nei suoi confronti, voluto personalmente da Mussolini, si manifestò in varie forme: l’editore Mondadori rinunciò a pubblicare le sue opere, i problemi economici dovuti all’allontanamento dai palcoscenici, il divieto di espatrio. «Il manganello e l’olio di ricino gli parvero strumenti troppo vili per una rivoluzione. (…) Non patteggiò. Disdegnò gli allettamenti dell’Accademia d’Italia».
Ritiratosi a Sorrento, malato e accudito dalla giovane moglie Laura, si spense il 20 aprile 1943. Della sua morte fu dato scarsissimo rilievo sui giornali.
Floriano Del Secolo (Melfi, 1877-Napoli, 1949). Giornalista, politico e scrittore colto e raffinato. Fu allievo di Giosué Carducci a Bologna dovè studiò e visse dal 1893 fino ai primissimi anni del ‘900. Durante il periodo bolognese strinse una forte amicizia con il pittore e illustratore Alfredo Baruffi. Fu Professore di lettere e filosofia nel Collegio militare di Napoli, città in cui svolse anche, fino all’avvento del fascismo, una notevole attività giornalistica.
Lavorò per diversi anni a Il Pungolo di Napoli (1903-1911) e fu corrispondente de Il Secolo di Milano (1910-1919). Dal 1911 al 1914 fu anche redattore capo de Il Giorno, il giornale politico-letterario napoletano fondato da Matilde Serao, e, ancora, a testimonianza del suo impegno, più o meno negli stessi anni fu corrispondente de Il Messaggero di Roma (1913-1919).
Sullo scorcio finale della prima guerra mondiale (1918) venne chiamato a condividere la direzione dell’appena nato quotidiano napoletano Il Mezzogiorno, d’orientamento meridionalista moderatamente progressista. In questo periodo, tra l’altro, strinse un forte rapporto d professionale e amichevole con Giuseppe Prezzolini. Con l’avvento del fascismo,dovette lasciare la carica (1923), poiché il giornale professava idee distanti dal regime, che provvide a radiarlo dall’Albo dei giornalisti.
Dopo il sequestro di Giacomo Matteotti (10 giugno 1924), Del Secolo sostenne la secessione dell’Aventino e aderì all’Unione Nazionale di Giovanni Amendola, diventando presidente della sezione napoletana. Firmò, insieme a Giustino Fortunato, il famoso Manifesto degli intellettuali antifascisti, promosso da B. Croce (1° maggio 1925).
Su incitamento dello stesso Croce, fu nominato direttore del quotidiano Il Risorgimento (1944) – primo quotidiano di Napoli liberata – in cui confluivano le testate de Il Mattino, del Roma e del Corriere di Napoli di proprietà della Società Editrice Meridionale, partecipata dall’armatore Achille Lauro e dal Banco di Napoli durante il ventennio. Il giornale non fu gradito al Psychological Warfare Branch, organo di vigilanza delle forze alleate, poiché ospitava anche alcuni articoli del Partito Comunista Italiano. Nel giugno 1946, quando la gestione della S.E.M. ritornò ad Achille Lauro, Del Secolo si dimise dalla direzione del giornale.
Nel 1947 aderì al Fronte democratico del Mezzogiorno e, alle prime elezioni generali postbelliche (1948), si candidò a Napoli nelle liste del Fronte Democratico Popolare, risultando eletto senatore con 30.073 voti. La sua carriera politica fu breve, a causa di un male incurabile che lo portò alla morte il 20 giugno 1949 e venne sostituito da Gabriele Jannelli.