Descrizione
Ritratto del P. con il fiocco anarchico alla lavallière «All’amico carissimo Emidio Martini il suo Policarpo Petrocchi. Roma 8.IV.1900».
Policarpo Petrocchi [Castel di Cireglio, Pistoia, 1852-1902]. Lessicografo e letterato animato da forti passioni civili, fu fervente ammiratore di Giuseppe Garibaldi. Nel 1878, secondo gli scopi e i principi che stavano a cuore a Garibaldi, costituì la Società Operaia di Mutuo Soccorso. Nel 1880 costituì la Società Onore e Lavoro, di cui Garibaldi fu il primo socio onorario, con lo scopo di attrezzare il paese di quei servizi e di quelle infrastrutture essenziali che l’amministrazione comunale di Pistoia non si risolveva a fare. La scorretta gestione della cosa pubblica da parte di una classe dirigente pistoiese ritenuta da Policarpo avida ed ottusa fu infatti una delle sue maggiori preoccupazioni tanto che nel 1901, lui che a Milano ed a Roma era in relazione con personalità quali Filippo Turati e Enrico Ferri, non poté esimersi dal partecipare attivamente alle lotte elettorali cittadine sostenendo la coalizione dei “partiti popolari” radicali, repubblicani, socialisti che si opponeva allo schieramento moderato-clericale.
Dalla compagna Clementina Biagini, alla quale si unì sfidando le convenzioni dell’epoca (la donna era sposata e con una figlia) ebbe sei figli. L’ultima parte della vita di Petrocchi, a Roma, fu gravata da difficoltà, problemi di salute e disgrazie. Nel dicembre del 1900 morì Clementina. Nello stesso anno fu citato in giudizio da Treves per inadempienza contrattuale. E tuttavia l’operosità non si interruppe: Petrocchi trovò, infatti, nuovi stimoli nell’ambiente della capitale (risale a questi anni l’incontro con Graziadio Isaia Ascoli, che rivide la seconda edizione della Nòva grammàtica) e soprattutto nel rafforzarsi dell’impegno in campo politico e umanitario, di cui danno prova opere come La religione nelle scuole: chiacchiere serali (Milano 1895) e Le guerre (Milano 1899).
La più importante delle sue opere lessicografiche è il Nòvo dizionàrio universale della lingua italiana (2 voll., 1887-91), scritto interamente in grafia ortoepica (con accenti e lettere speciali), e fondato sull’uso colto fiorentino secondo la teoria manzoniana: ne ricavò poi un Nòvo dizionàrio scolàstico (1892), un Pìccolo dizionàrio della lingua italiana (1895) e un Vocabolariétto di pronùnzia e ortografia (1891). Scrisse inoltre saggi letterarî, particolarmente su Manzoni, e curò I promessi sposi con un commento storico, estetico e filologico (4 voll., 1893-1902); pubblicò antologie, grammatiche scolastiche, traduzioni; lasciò infine una commedia (I Vespri, 1882) e una raccolta di fiabe (Nei boschi incantati, 1887).
Con Il mio paese, pubblicato postumo [Roma, Volpe, 1972] è lo scrittore che meglio di ogni altro ha descritto la vita in montagna, scandita dal succedersi delle stagioni e dei lavori nei boschi, dalle migrazioni verso la Maremma e dai ritorni: la montagna con le sue feste, i suoi giochi, la sua vita quotidiana. Nel 2021 è stato inaugurato a Castel di Cireglio il Parco letterario Policarpo Petrocchi.
Emidio Martini [Napoli 1853 -1940] è stato un grecista, filologo classico e bibliotecario italiano. Nel 1880 fu chiamato dal commissario Luigi Cremona a lavorare alla Biblioteca nazionale centrale di Roma, dove si occupò della sistemazione dei manoscritti, tornando poi nella primavera 1883 a lavorare alla Biblioteca nazionale di Napoli, come secondo bibliotecario, sempre nel settore dei manoscritti. Nel 1887 fu trasferito a dirigere la Biblioteca nazionale di Palermo, poi dal 1889 la Biblioteca nazionale Braidense di Milano, in cui introdusse nuovi cataloghi a schede anche per soggetto e realizzò l’apertura serale, e dal settembre 1896 la Biblioteca universitaria di Napoli.
Nel giugno 1900 fu trasferito alla direzione della Biblioteca nazionale di Napoli, e dal 1920 fu anche soprintendente bibliografico per la Campania e la Calabria. Collocato a riposo dal 16 dicembre 1923, continuò però a lavorare al catalogo dei manoscritti. Nel 1929 fu nominato ispettore bibliografico onorario. Socio della Società bibliografica italiana dal 1897 al 1911, e relatore alla sua prima Riunione generale, fece parte anche dell’Accademia di archeologia, lettere e belle arti di Napoli (dal 1896, presidente nel 1907), dell’Accademia Pontaniana (dal 1901) e di altre società scientifiche.
Ellenista e filologo, libero docente di paleografia greca, materia che insegnò all’Università di Napoli, curò i due volumi del Catalogo di manoscritti greci esistenti nelle biblioteche italiane (Milano 1893-1902) e, insieme a Domenico Bassi, il Catalogus codicum Graecorum Bibliothecae Ambrosianae (Milano 1906). Tradusse in italiano quasi tutti i dialoghi di Platone e con Bassi curò anche l’edizione del Vocabolario greco-italiano del Gemoll per le scuole (Palermo 1923, più volte ristampato).
Nel 1925 aderì alla risposta di Benedetto Croce al Manifesto degli intellettuali del fascismo. Fu buon amico del filosofo, che ne tracciò un profilo nella prefazione alla sua traduzione del Giulio Cesare di Shakespeare, uscita postuma nel 1942.