Descrizione
Testo fondamentale del Novecento sulla teoria della comunicazione ancora attuale.
Un caso eccezionale di collaborazione tra Marshall McLuhan, il profeta dei media, e il graphic designer Quentin Fiore.
La comunicazione non è mai neutrale, ma interviene nelle interazioni sociali modificando comportamenti e modi di pensare e strutturando la mente in modi determinati. I nuovi media, relazionandosi con l’ambiente che ci circonda, non sono più solo strumenti d’informazione, ma modificano il nostro corpo al fine di farci godere o di farci soffrire, proprio come durante un massaggio. La televisione ad esempio è uno strumento rassicurante, che ci immobilizza e ci crea assuefazione.
La tecnologia ci sta cambiando? È questa la domanda che si pone McLuhan in questo “inventario di effetti”. I nuovi media ci massaggiano, ci anestetizzano e ci plasmano. Oggi leggiamo immagini, non parole; non ascoltiamo più, ma ci immergiamo nella “visione” del mondo. Dal world wide web ai social network, dai reality show alla crossmedialità, McLuhan precorre i tempi, descrivendoci le dinamiche del futuro. La riflessione di McLuhan si dilata a comprendere il mondo delle merci, della stampa, della pubblicità e delle arti.
L’impaginazione dadaista di Quentin Fiore riflette sulla carta il suo controverso pensiero, diventando appunto parte integrante del messaggio. l’uso del bianco e del nero, tra helvetica di diverse grandezze e ritagli di immagini: un orecchio, un occhio, un’impronta digitale, due dita che aprono le pagine dello libro stesso, fino ad arrivare al nuovo cuore dell’era elettronica, il microchip…L’innovativo stile grafico è un’interpretazione cinetica della filosofia in modo che le idee complesse possano essere comprensibili visivamente al lettore. La grafica interna si definisce in tutte le possibili direzioni e angolazioni, spesso sovrapposta alle immagini, con molti testi pensati e graficizzati per essere letti in uno specchio.
Il libro ha ricevuto recensioni contrastanti per il suo disprezzo per le regole tipografiche, mentre altri hanno pensato che “promuovesse l’analfabetismo, incoraggiasse l’uso di droghe, corrompesse la morale della gioventù americana”.
Lo stile venne ulteriormente spinto in Do it!: Scenarios of the Revolution (1970), il controverso manifesto yippie dell’attivista sociale Jerry Rubin.
Secondo il primogenito Eric il termine massaggio invece che messaggio è frutto dell’errore di un tipografo; quando McLuhan lo vide esclamò lascialo, è grandioso e mira al target! Si veniva infatti a creare un involontario gioco di parole, in tipico stile McLuhan, e l’ultima parola del titolo poteva essere interpretata in quattro modi diversi: massaggio, era delle masse (“Massage” and “Mass Age”), messaggio, era del caos (“Message” and “Mess Age”). Fondazione Marshall McLuhan
Herbert Marshall McLuhan (Edmonton 1911-Toronto 1980) è stato un sociologo, filosofo, critico letterario. Teorico delle comunicazioni sociali, ha studiato l’influenza dei mezzi di comunicazione di massa sul comportamento individuale e collettivo, influenza che dipenderebbe non tanto dal dato informativo trasmesso, quanto dalla natura del mezzo impiegato: quest’ultimo infatti, qualsiasi esso sia, non comunica dati informativi precostituiti, ma li costituisce, diventando così un contenuto essenziale del messaggio. Le tecnologie televisive contemporanee, in particolare, comunicando informazione in tempo reale e in maniera virtualmente complessiva, ed eliminando perciò i limiti temporali e spaziali tipici, per es., della stampa, creano le condizioni per una società integrata tendenzialmente planetaria, una sorta di “villaggio globale”.
Quentin Fiore [New York 1920-North Canaan 2019]. Grafico editoriale, è stato allievo di George Grosz e si è formato presso il New Bauhaus di Chicago. F. è noto soprattutto per i suoi progetti degli anni ’60, dove mescolava testo e immagini, diverse dimensioni di caratteri e altri espedienti non convenzionali per creare pagine dinamiche che riflettevano lo spirito tumultuoso del tempo. «[Fiore era] il più anarchico possibile pur lavorando entro i limiti della produzione di libri» [Steven Heller]