Descrizione
Prezzolini offre l’incarico di corrispondente da Napoli a Floriano Del Secolo per qualche articolo sulla «vita napoletana, interviste, ricerche […] S’intende che il compenso, il rimborso spese ecc. avverrebbe volta per volta» e gli chiede di recarsi a Siracusa per la rappresentazione delle Coefore».
«L’altra cosa che le vorrei dire è questa. Posseggo i diritti di traduzione delle Memorie dell’ex Kaiser,¹ un’opera di curiosità attuale e storica di molto interesse. Ho già trattato col Messaggero il quale è disposto ad acquistare il diritto di pubblicazione purché ci fosse qualche altro giornale che accettasse la cumulatività delle spese. Le sembra che al Mezzogiorno possa interessare la cosa? Lo so che ora, in tempo di elezioni, lo spazio non abbonda anche con le sei pagine, ma intanto si può trattare per poi, anche perché l’opera non è stata completmente pubblicata in Inghilterra, ed io ne ho una prima parte dattilografata […]».
¹ annotazione manoscritta: «scritta da Lady Nora Bentinck, nipote del proprietario del castello di Omerongen».
Il proprietario del castello, Godard J.G.C., conte di Aldenburg Bentinck, al termine della prima guerra mondiale, diede per due anni rifugio all’imperatore tedesco in esilio Guglielmo II. Probabilmente si tratta del libro The memoirs of the Crown Prince of Germany William II, London, Thornton Butterworth, 1922. Pubblicato in Italia con il titolo: Memorie dell’imperatore Guglielmo II scritte da lui stesso, Milano, Fratelli Treves, 1923.
Giuseppe Prezzolini [Perugia 1882 – Lugano 1982]. Partecipe del dibattito culturale del primo Novecento, P. si accostò al pragmatismo, al modernismo cattolico e soprattutto all’idealismo crociano, approdando a un conservatorismo disincantato (Manifesto dei conservatori, 1972). Nel 1908 fondò il settimanale La Voce. Autodidatta, si trasferì giovanissimo a Firenze. Amico di Giovanni Papini e animatore con lui del Leonardo con lo pseudonimo di Giuliano il Sofista.
Verso il 1908 aderì alla filosofia idealistica di B. Croce, mentre si accostava con più larga comprensione e qualche simpatia al socialismo sindacalista. In questa nuova posizione ideale nel 1908 fondò (e diresse con interruzioni fino al 1914) il settimanale La Voce. Originale esperimento di giornalismo culturale, con attenzione alle nuove correnti delle culture europee, la rivista si occupò di filosofia, religione, arte, pedagogia, costume, ma studiò anche la soluzione a problemi concreti, come la ‘Questione meridionale’, la riforma della scuola, l’educazione sessuale, il decentramento regionale.
In politica Prezzolini avversò Giovanni Giolitti accusandolo di essere un corruttore della vita nazionale; nel 1911 si oppose alla guerra di Libia. Nel 1913 la crisi della Voce si accentuò, dopo l’uscita di Salvemini, che fondò una propria rivista politica L’Unità, e il distacco di Papini e Soffici che diedero vita alla rivista Lacerba, convertendosi al futurismo, disprezzato dal direttore della Voce come ciarlatanismo anarchicheggiante. Quando Mussolini si convertì all’interventismo, si dimise dalla direzione dell’Avanti! e fu espulso dal Partito socialista, Prezzolini accettò l’incarico di corrispondente da Roma per il suo nuovo giornale, Il Popolo d’Italia. Partecipò alla Grande guerra come capitano degli Arditi.
Persa la rendita paterna, investita in titoli di Stato per sostenere lo sforzo bellico e polverizzata dall’inflazione, nel 1919 si trasferì con la famiglia a Roma, dove si guadagnò da vivere come giornalista, editore e direttore della sezione italiana di una agenzia giornalista americana, la Foreign Press Service di New York.
Pur restando amico di Mussolini, Prezzolini seguì l’affermazione del fascismo con diffidenza. Nello stesso tempo Mussolini, divenuto presidente del Consiglio, era irritato dalle critiche al fascismo che Prezzolini esprimeva sulla stampa italiana e straniera, e ordinò alla polizia di diffidarlo dal continuare. Per ribadire la sua imparzialità, Prezzolini pubblicò nel 1924 un profilo di Mussolini e l’anno dopo un profilo di Giovanni Amendola, il maggior esponente dell’antifascismo liberale, più volte aggredito dagli squadristi.
Nel 1925 si trasferì con la famiglia a Parigi, accettando la nomina a capo della sezione informazione presso l’Institut de coopération intellectuelle, un’istituzione della Società delle nazioni; la sua nomina era avvenuta con il voto contrario del rappresentante del governo fascista. All’inizio del 1926 giunse a Parigi anche Gobetti, vittima di violenze squadriste e diffide governative. L’aspra polemica politica non aveva guastato la loro amicizia, che durò fino alla morte del giovane intellettuale torinese, il 15 febbraio 1926.
Nel 1930 accettò la nomina a professore di letteratura italiana e di direttore della Casa Italiana presso la Columbia University a New York, collaborando saltuariamente a periodici italiani. In Italia vi furono intellettuali e deputati fascisti che lo accusarono pubblicamente di essere un antifascista, mentre negli Stati Uniti fu denunciato come agente fascista da una campagna giornalistica ispirata da Salvemini, che aveva rotto ogni rapporto con Prezzolini dopo il 1925. In realtà Prezzolini esercitò la funzione si uniformava alle direttive dell’Università americana per promuovere la diffusione della cultura italiana negli Stati Uniti senza preclusioni ideologiche, ospitando intellettuali, studiosi e scrittori sia fascisti sia antifascisti.
Nel 1946 riprese l’attività giornalistica come corrispondente dagli Stati Uniti per il quotidiano romano Il Tempo, poi per Il Resto del carlino e fu assiduo collaboratore del settimanale Il Borghese, fondato da Leo Longanesi nel 1950. Fece ritorno per la prima volta in Italia nel 1955 per un breve giro di conferenze. Nel 1962 lasciò gli Stati Uniti per stabilirsi a Vietri sul Mare, dove rimase fino al 1968 quando si trasferì a Lugano.
Amava definirsi«Anarchico conservatore», lo stile chiaro e ironico, lo spirito polemico, la stessa immagine che dava di sé come «innamorato respinto» dell’Italia, lo resero popolare fra i lettori italiani. Dopo il 1968 Prezzolini si fece promotore culturale di una destra conservatrice, fondata su valori morali più che su interessi economici.
Floriano Del Secolo. [Melfi 1877-Napoli 1949]. Giornalista, redattore e collaboratore di diverse testate, fra cui il quotidiano “Il Mezzogiorno” che diresse fra il 1918 e il 1923. Durante il regime fascista fu allontanato dalla direzione del giornale e radiato dall’albo professionale dei giornalisti. Aderì e promosse l’Unione napoletana democratica, costituita da Giovanni Amendola e fu tra i firmatari del “Manifesto degli intellettuali antifascisti” di Benedetto Croce, con cui fu in stretta collaborazione. Nel 1944, nella Napoli liberata, su proposta del filosofo, fu nominato direttore de “Il Risorgimento”, in cui confluivano le testate de “Il Mattino” e del “Roma”. Aderì nel 1947 al Fronte democratico del Mezzogiorno e fu eletto senatore nelle liste del Fronte popolare nel 1948.