Descrizione
Con questo volantino, destinato ad essere lanciato su Trieste, D’Annunzio vuole rispondere alle accuse (“favole”) rivoltegli dalla stampa italiana, rappresentandosi come fermo e deciso nel comando anche nella difficile situazione dei mesi precedenti. Presenta dunque la causa fiumana come vera e unica causa patriottica. Testo uguale al volantino “Saluto aereo alla Trieste di Ernesto Gramaticopulo e di Egidio Grego”
«“Me ne frego” è scritto nel centro del gagliardetto azzurro che l’altra notte consegnai ai serventi delle mie mitragliatrici blindate, tra i pinastri selvaggi della collina, al lume delle torce e delle stelle, mentre la piccola schiera dei volontarii dalmati cantava il vecchio canto del Quarantotto, grande come il tuono dell’organo nelle navate di Sebenico o di Spalato. Il motto è crudo. Ma a Fiume la mia gente non ha paura di nulla, neppure delle parole. […] Il levame di Fiume si riconosce oggi in tutte le ribellioni contro l’ingiustizia, in tutte le sollevazioni verso la libertà, dall’Irlanda all’Egitto, dalle Russie al nuovo impero arabo, dal Belgio alle Indie, dai Balcani al Sudan, dalle colonie di Traiano alle tribù degli Afrivi. La nostra prossima primavera si annunzia come un vastissimo tumulto di lotta e di fervore, dove udremo battere i più lontani cuori fraterni. Ora comincia il bello. […]»
Nel 1919 un gruppo di militari ribelli guidati da Gabriele D’Annunzio, occupa la città di Fiume, contesa tra l’Italia e il regno di Iugoslavia. A Fiume storicamente convivevano cittadini di lingua italiana (maggioritari) e di lingua serbo-croata. Tra la fine del sec. 19° e l’inizio del 20° si era consolidata una coscienza nazionale all’interno della popolazione italiana (fondazione dell’associazione Giovane Fiume nel 1905), che entrò in contrasto con l’elemento croato prevalente nelle campagne. Al termine della Prima guerra mondiale (1914-18), l’Italia chiese di annettere Fiume al territorio italiano, in contrasto con il Patto di Londra (1915) che l’aveva assegnata alla Croazia. Il Consiglio nazionale fiumano proclamò l’annessione all’Italia fin dal 29 ott. 1918. Incidenti fra la popolazione e le truppe interalleate d’occupazione (luglio 1919) portarono la Conferenza di pace di Parigi a deliberare lo scioglimento del Consiglio e della Legione volontari fiumani, e l’allontanamento delle truppe italiane. Tra queste ultime, i Granatieri di Sardegna si rivolsero a D’Annunzio, chiedendogli di mettersi alla loro testa e di occupare militarmente la città. Assicuratosi il sostegno di B. Mussolini, D’Annunzio e i suoi procedettero all’occupazione (12 sett. 1919), proclamando unilateralmente l’annessione all’Italia. In seguito, mentre si acuiva lo scontro tra gli annessionisti guidati da R. Gigante e gli autonomisti facenti capo a R. Zanella, e a Fiume giungeva come capo di gabinetto l’ex sindacalista rivoluzionario A. De Ambris, l’idea di un piccolo Stato autonomo prese sempre più corpo. Il 12 agosto 1920 D’Annunzio proclamò la Reggenza del Carnaro, attribuendole tutti i poteri civili e militari. Il trattato di Rapallo (12 nov. 1920) costituì Fiume in Stato libero e indipendente, ma D’Annunzio non lo riconobbe. Il 28 novembre si oppose alle truppe del gen. E. Caviglia inviate a sgomberare l’occupazione, e solo il 31 dicembre, dopo duri scontri, rimise i poteri a un nuovo governo provvisorio. La questione fu risolta solo nel 1924 con gli accordi di Roma in cui la Iugoslavia riconosceva Fiume all’Italia, in cambio di Porto Barosa e del cd. Delta. Cfr. Impresa di Fiume, Treccani