Descrizione
Contiene: Il discorso di Antonio Grossich, Presidente del Consiglio nazionale italiano di Fiume, che si scaglia contro Francesco Saverio Nitti reo di non considerare i fiumani ma preferisce fare accordi con gli gli jugoslavi. «[…] Fiume ha una stella che vigila sulla sua sorte, e questa stella è la fede di Gabriele d’Annunzio. (grida altissime: Viva il Comandante!)». Il discorso di Gabriele d’Annunzio Ferrum est quod amat, in cui richiama il pugnale votivo (offertogli nella chiesa di San Vito, durante la festa di San Sebastiano, il 20 gennaio 1920) «[…] Questa che mi fu data in San Vito dalle vostre umili eroine, significa: A corpo a corpo. È il comando del combattimento disperato. È il comando garibaldino. È l’ordine di Ronchi. La vittoria dell’Italia non ha più le ali? Ebbene combatterà a piedi con noi, compagna dei fanti, fante di lunga lena. Signori del Consiglio, è compresa nella leva che voi siete per decretare […]». Presentazione, del delegato agli Interni Elpidio Springhetti del disegno di legge sul Servizio militare obbligatorio per la difesa di Fiume e nomina di Host-Venturi a delegato della difesa della città.
Nel 1919 un gruppo di militari ribelli guidati da Gabriele D’Annunzio, occupa la città di Fiume, contesa tra l’Italia e il regno di Iugoslavia. A Fiume storicamente convivevano cittadini di lingua italiana (maggioritari) e di lingua serbo-croata. Tra la fine del sec. 19° e l’inizio del 20° si era consolidata una coscienza nazionale all’interno della popolazione italiana (fondazione dell’associazione Giovane Fiume nel 1905), che entrò in contrasto con l’elemento croato prevalente nelle campagne. Al termine della Prima guerra mondiale (1914-18), l’Italia chiese di annettere Fiume al territorio italiano, in contrasto con il Patto di Londra (1915) che l’aveva assegnata alla Croazia. Il Consiglio nazionale fiumano proclamò l’annessione all’Italia fin dal 29 ott. 1918. Incidenti fra la popolazione e le truppe interalleate d’occupazione (luglio 1919) portarono la Conferenza di pace di Parigi a deliberare lo scioglimento del Consiglio e della Legione volontari fiumani, e l’allontanamento delle truppe italiane. Tra queste ultime, i Granatieri di Sardegna si rivolsero a D’Annunzio, chiedendogli di mettersi alla loro testa e di occupare militarmente la città. Assicuratosi il sostegno di B. Mussolini, D’Annunzio e i suoi procedettero all’occupazione (12 sett. 1919), proclamando unilateralmente l’annessione all’Italia. In seguito, mentre si acuiva lo scontro tra gli annessionisti guidati da R. Gigante e gli autonomisti facenti capo a R. Zanella, e a Fiume giungeva come capo di gabinetto l’ex sindacalista rivoluzionario A. De Ambris, l’idea di un piccolo Stato autonomo prese sempre più corpo. Il 12 agosto 1920 D’Annunzio proclamò la Reggenza del Carnaro, attribuendole tutti i poteri civili e militari. Il trattato di Rapallo (12 nov. 1920) costituì Fiume in Stato libero e indipendente, ma D’Annunzio non lo riconobbe. Il 28 novembre si oppose alle truppe del gen. E. Caviglia inviate a sgomberare l’occupazione, e solo il 31 dicembre, dopo duri scontri, rimise i poteri a un nuovo governo provvisorio. La questione fu risolta solo nel 1924 con gli accordi di Roma in cui la Iugoslavia riconosceva Fiume all’Italia, in cambio di Porto Barosa e del cd. Delta. Cfr. Impresa di Fiume, Treccani