Descrizione
«Caro Federico, ti è sfuggito qualche erroretto, ed è possibile che ne sia sfuggito qualche altro a me, perché il carattere è molto minuto e le bozze sono, qua e là, un po’ confuse […] Potrei rivedere le seconde bozze?…se vuoi andrò io stesso alla tipografia. I miei più affettuosi saluti a Diego e a te. Tuo Don Roberto».
«Federico Petriccione fu amico leale del drammaturgo e uno dei pochissimi ad adoperarsi per lui e la sua opera, anche dopo la morte». [cfr. P. Iaccio, L’intellettuale intransigente. Il fascismo e Roberto Bracco, Napoli, Guida, 1992]
⇒ Archivio Storico per le Province Napoletane
Roberto Bracco [Napoli 1861-Sorrento 1943] Giornalista, critico drammatico e d’arte, commediografo, scrittore. Fu amico intimo di alcuni dei maggiori esponenti dell’arte partenopea, tra i quali ricordiamo Gennaro Villani, Salvatore Di Giacomo, Achille Macchia, Francesco Cangiullo, Ferdinando Russo, Edoardo Scarfoglio… I suoi lavori teatrali furono interpretati da Eleonora Duse, da Emma e Irma Gramatica. Fu spesso implicato in episodi violenti in difesa dei deboli e della giustizia. Il fondo del suo carattere rimase sempre sentimentale e lo portò a un senso caldo di amicizia anche se soffrì di una spiccata suscettibilità, soprattutto, più tardi, nei riguardi della critica, procurandosi la fama di uomo ombroso.
Molto conosciuto e apprezzato all’estero, venne più volte candidato al Premio Nobel per la letteratura. Dalla desecretazione degli atti emerge che le candidature furono per gli anni che vanno dal 1922 al 1926. Nel 1922 Karl August Hagberg, traduttore di alcuni lavori di Bracco, redasse una lunga e dettagliata relazione. A causa delle sue posizioni di pacifista e di intransigente antifascista il governo italiano pose il veto sul suo nome e dopo il 1926 non fu più candidato.
Sottoscrisse, unico italiano insieme a Benedetto Croce, la Déclaration de l’indépendance de l’Esprit, proposta da Romain Rolland e pubblicata sul quotidiano socialista L’Humanité il 26 giugno 1919, appello ai “lavoratori dello Spirito” a ritrovare un’unione fraterna dopo cinque anni di odio e censura. Si presentò alle elezioni del 6 aprile 1924 nelle liste promosse da Giovanni Amendola ed eletto nella circoscrizione Campania alla Camera dei deputati. Fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto nel 1925 da Benedetto Croce.
Fu dichiarato decaduto dalla carica di deputato, insieme agli altri aventiniani, nella seduta del 9 novembre 1926. Nello stesso mese, in seguito al fallito attentato a Mussolini del 31 ottobre, la casa di Roberto Bracco (come pure quelle di Benedetto Croce e Arturo Labriola) venne devastata dai fascisti e un suo lavoro inedito, La verità, dato alle fiamme e irrimediabilmente perduto. Qualche tempo dopo scampò ad un agguato.
Fu uno dei pochi intellettuali italiani che coerentemente non scese a patti col regime. L’ostracismo nei suoi confronti, voluto personalmente da Mussolini, si manifestò in varie forme: l’editore Mondadori rinunciò a pubblicare le sue opere, i problemi economici dovuti all’allontanamento dai palcoscenici, il divieto di espatrio. «Il manganello e l’olio di ricino gli parvero strumenti troppo vili per una rivoluzione. […] Non patteggiò. Disdegnò gli allettamenti dell’Accademia d’Italia». Ritiratosi a Sorrento, malato e accudito dalla giovane moglie Laura, si spense il 20 aprile 1943. Della sua morte fu dato scarsissimo rilievo sui giornali.
Federico Petriccione [Napoli 1895-Milano 1970]. Giornalista, critico teatrale, drammaturgo. Fu corrispondente per diverse testate tra cui il Corriere della Sera e la Domenica del Corriere. Commedie: La donna mia (1921), Nero (1923), Mio cugino Totò (1924). Tra le sue pubblicazioni La città abbandonata (1955), Piccola storia della canzone napoletana (1960).