Descrizione
Copertina con titoli in verticale, capolettera e ampio fregio, secondo il gusto innovatore, aristocratico e trasgressivo del curatore. In quarta di copertina si legge: «Fra gli strazii dell’ultima malattia Vittorio Imbriani convinto della prossima fine apparecchiava in precedenza questo opuscolo per non lasciare senza commemorazione il VI. anniversario che ricorre oggi della nascita del predefunto figlioletto Paolo Emilio II a lui rivolgendo gli estremi pensieri. Copiò il brano di suo pugno e ben due volte ne corresse le bozze ma la morte sopravvenuta nelle prime ore del nuovo anno gli impedì di apporvi il “si stampi”. Ora si pubblica e s’invia a’ pochi amici dalla madre e vedova dalla sorella ed orfana rispettive. Napoli XXX giugno MDCCCLXXXVI». In questo scritto Imbriani pubblica uno dei proverbi di Aloise delli Fabrizi, autore da lui particolarmente amato e studiato. Cfr. Doria, 243.
Vittorio Imbriani (Napoli 1840-1886) figlio di Paolo Emilio e di Carlotta Poerio, passò la sua prima giovinezza in esilio. Tra le personalità più eminenti ed affascinanti della cultura italiana ed europea, della seconda metà dell’800, l’esperienza, le frequentazioni e gli studi all’estero gli conferiscono uno spiccato spirito critico ed un pensiero politico-civile di livello europeo. È stato, insieme con Niccolò Tommaseo, il più importante conoscitore della lingua italiana del XIX secolo. Scrisse centinaia di opere fra libri e opuscoli: articoli politici e letterari, saggi filosofici e di critica letteraria e d’arte, studi filologici, romanzi, racconti, poesie, studi di dialettologia e folklore (fu tra i primi raccoglitori di fiabe popolari). Giornalista e polemista vivace e instancabile, nella politica e nelle lettere (Fame usurpate, 1877), collaborò all’Italia di F. De Sanctis (1863-66), alla Patria, di cui fu direttore, alla Nuova Patria (1870-71). Nel 1872 si trasferì a Pomigliano d’Arco, dove fu eletto Sindaco per pochi mesi. La sua opera narrativa rivalutata negli ultimi decenni, si distingue nel panorama letterario del tempo per un’estrosa inventiva linguistica, non aliena da arcaismi e da contaminazioni dialettali, che corrisponde a un atteggiamento programmaticamente anticonformista. Nel 1878 si sposa con Gigia Rosnati, gentildonna milanese figlia di Eleonora Bertini con la quale Imbriani ebbe una lunga e intensa relazione, e si stabilisce a Pomigliano d’Arco. Da questa unione nacquero due figli che però morirono entrambi bambini. Nel 1884, vince la cattedra di estetica all’Università di Napoli, ma il suo stato di salute non gli consentirà d’iniziare le lezioni. Muore il 1° gennaio 1886 a Pomigliano d’Arco. Si occuparono di Imbriani, contribuendo a diffondere e mantenere la conoscenza di questo autore, Benedetto Croce, Gino Doria, Nunzio Coppola, Alda e Elena Croce.